CAP.7 – IL COMMERCIO MARXISTA DI BETTINO E L’INVENZIONE DELLA PEZZATURA

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16 thoughts on “CAP.7 – IL COMMERCIO MARXISTA DI BETTINO E L’INVENZIONE DELLA PEZZATURA

  1. Miriam Ravasio ha detto:

    “La Società è matrigna, la Natura è madre” scrive Hugo “la società è il mondo del corpo; la Natura è il mondo dell’anima”. Per questo lenin è solo un equilibrista, su attrezzi di lavoro a lui sconosciuti ma giganti perché ad un mondo di giganti essi appartengono. P o v e r o R o b i n s o n che con ha letto Gulliver 😉

    a dopo

  2. laprimetropoli@yahoo.it ha detto:

    Ma lo spillone dentro al collo del gatto cosa rappresenta? (scusate l’ignoranza voluta). Non si poteva evitare?

    • In quanto creatore della stessa probabilmente sono la persona meno indicata per spiegare l’immagine. Tuttavia posso fermarmi alle intenzioni: d’accordo sul fatto che lo spillone possa anche disturbare ma cosa rappresenta esso se non l’anestetico, il tramite che addormenta le coscienze rendendole innocue?

  3. Miriam Ravasio ha detto:

    prima dello spillone c’è il gatto! Cosa rappresenta per noi l’amato felino che, più che ferito, appare solo inconsapevolmente addormentato? Rappresenta la nostra quotidianità, o meglio la nostra sedentarietà e quindi l’abitudine a sonnecchiare nonostante accadimenti o provocazioni. Così, basta una citazione perché l’attenzione, seppur fugace, si risvegli e riconosca anche nell’autore più improbabile, o semplicemente l’ultimo arrivato, il nuovo vate. La NOIA si ristora e la VANITA’ (della “nostra” scoperta) si compiace. Nella scorsa settimana sono stata invitata ad esprimere la mia su un post, ricamato sulla pubblicazione di un giovane autore albanese, banale e ovvio oltre che furbo, ma presentato come una sensazionale scoperta culturale. Chi non conosce la qualità delle castagne si ASTENGA dalla militanza! Inizi invece la perlustrazione silenziosa del proprio privatissimo percorso labirintico. Al centro, Magritte ci dipingeva una rosa. Chi sa ha compreso e ha tutto il mio affetto.

  4. Carlo Capone ha detto:

    Vabbè ma la descrizione del bosco è di gran fattura, io ne ho sentito gli umori, avvertite le insidie (ma che cos’è la scolopandra?) e mi son punto coi ricci. Tra l’altro buono a sapersi il prezzo dei marroni, temo che un certo colono mi abbia sempre fatto fesso. Eh, serve la letteratura, caro Fiasca, serve quasi a tutto. Anche a conquistare il cuore di una donna, secondo lei?

    saluti

    Carlo Capone

  5. Mimmo ha detto:

    Certo, signor Fiasca, che lei c’è ne racconterà di belle in questo percorso letterario che la porterà a guadagnare il gruzzolo necessario alla pubblicazione del suo libro.
    Nell’unirmi a quanti riconoscono la sua innegabile bravura, le dico che sarebbe molto bello che i suoi scritti fossero letti da molti come me che hanno solo da imparare, e non solo per quanto riguarda la scrittura, ma pure come esempio di dedizione alle cause che si credono giuste.
    Mi è piaciuto molto in questo episodio l’attenzione rivolta alla differenza tra “marroni e castagne”, molto significativo.

    • Ha detto bene, caro Mimmo: “cause che si credono giuste”. L’opinione comune tende a squalificare un’azione quando essa viene ritenuta ripetitiva di un concetto. La logica è pressappoco questa: inutile parlare di un problema quando il problema è noto a tutti. Credo che l’assioma sia concettualmente errato per il semplice motivo che la reazione inversa, cioè il silenzio, non porta alla risoluzione del problema. Magari questo blog sarà vecchio e consumato nei contenuti, magari non ci sarà nulla di nuovo, ma sento il dovere di non rimanere zitto. E se ciò può essere di sostegno a qualcuno, spero che quel qualcuno possa farsi, a sua volta, portatore del medesimo messaggio.

  6. Miriam ha detto:

    Riesco ancora a sentire l’odore del bosco, delle foglie umide e della terra “pastosa”.
    Il bosco può far paura ma nella tua descrizione sembra un luogo incantato, privo di reali insidie, oltremodo può anche rappresentare l’enormità e la confusione con tanti pericoli rappresentati dall’animale peggiore: l’uomo. Le tue parole mi piacciono perchè hanno sempre più chiavi di lettura, tornando a rileggere i capitoli precedenti mi ritrovo ad interpretare le cose in modo sempre diverso!
    La foto è anch’essa molto bella e significativa… Ma sinceramente lo spillone mi sembra fuori posto, un elemento che disturba il sonnellino del bellissimo gatto (io amo i gatti e mi dispiace per loro quando non possono schiacciare in pace un pisolino)
    🙂

  7. Laura Sica ha detto:

    “…c’è da dire che ai molti dell’editoria nazionale risulto essere goffo e sprovveduto, di una scrittura compiaciuta, naturalmente incommerciabile e altresì offensiva della letteratura.”

    Ce la può spiegare, Fiasca.

    P.S. La sua scrittura, Fiasca (qui ledo del lei per aumentare le distanze di circostanza), è sicuramente molto ricercata. Normalmente lei scrive così? O è un modo per depistare?

  8. sara milla ha detto:

    Non sempre una castagna rilucente è buona. Ma porta in sè il valore estetico di quelle che l’hanno preceduta. L’incarto deve essere malioso, l’incarto è quasi più importante del contenuto. Magari però uno continua ad amare un piccolo libro rilegato male, ma che gli corrisponde. Chi scrive vuole essere letto, vuole mostrare, vuole che il mondo assaggi la sua castagna di sottobosco. Che è giunta lì superando qualche pericolo, ma che ha in sè precisa precisa per quel che si può, la vitalità sensuale del bosco, dove per sensuale intendo quello che così bene ha descritto Leonardo: profumi zuccherini, l’odore della terra, la visione del pericolo, la radice di ogni creatività, un underwood interiore.
    Certo, poi c’è un pò di autosarcasmo, per non ferirsi troppo.

  9. miriamravasio ha detto:

    Ciao a Laura e Sara 🙂
    Ma che cos’è il bosco? Io un’idea l’avrei ed è anche molto distinta e precisa…ma secondo voi che cos’è questo bosco?

    • MESSAGGIO IMPORTANTE PER TUTTI GLI AMICI DI “VOLEVO FARE L’ATTACCANTE”:

      Domani pomeriggio, con volo Milano- Casablanca-Kinshasa, farò ritorno nella Repubblica Democratica del Congo. Benché i media tacciano, dopo l’elezione di Joseph Kabila Kabange – avvenuta usando i più meschini mezzi di corruzione- vi è in atto una subdola guerra civile. Io mi sposterò nelle zone del fiume Kasai, dove sarò atteso dai miei bambini. Giocheremo a pallone e dipingeremo con la terra rossa. Se tutto va bene rientrerò in Italia giorno 18 marzo. Ho dato disposizione a un mio fidato collaboratore di inserire l’ottavo capitolo del blog (appena terminato), quindi la regolarità della nostra iniziativa dovrebbe essere garantita. Tutt’al più ci potrebbero essere dei ritardi nell’approvazione dei commenti, ma questo non vi autorizza alla pigrizia. Anzi. Ad oggi, dopo un mese circa dalla sua nascita, “volevo fare l’attaccante” è una realtà che conta più di settecento visite a settimana, e questo è solo merito vostro. Mi aspetto quindi che sappiate farne ancora tesoro e che, con l’impegno di tutti, riusciate a moltiplicare le visite sensibilizzando nuovi sostenitori. Vi lascio quindi un pallone caldo, rimbalzante, gonfio. Spero di non trovarlo scoppio. Con affetto, vostro Leonardo Fiasca

      • Emanuele ha detto:

        Ciao Leonardo, ti auguro un viaggio sereno. Anch’io, come gli altri, ho visto e annusato il bosco. E, per inciso, credo che la tua letteratura sia tutt’altro che incommerciabile.

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