CAP.19 – LE PIUME DEL ROSPO

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14 thoughts on “CAP.19 – LE PIUME DEL ROSPO

  1. Emanuele ha detto:

    Caro, caro Leonardo! Come mi commuove questo pezzo. Mi commuove il tuo eroismo, ma anche il collo bruciato di tuo padre, quel suo bellissimo “fottitene!”. La cattiveria dei giurati, i compagni pusillanimi, la ferocia dell’editore – tutto diventa musica in questo brano. L’unica consolazione è la musica. Date forma a un dolore e ne avrete consolazione. Leonardo Fiasca ormai è il mio idolo, come lo fu Arturo Bandini. La protagonista di questo pezzo è però la cattiveria umana – che ha sempre dell’incredibile. Il desiderio (della professoressa, del professore, dell’editore) di umiliare. E mi viene in mente Nietzsche che, fuori da un albergo torinese, abbraccia il cavallo appena frustato dal cocchiere. E un dialoghetto in Ecce Homo, se non erro, vado a memoria: “Chi consideri cattivo? Chi vuole umiliare a tutti i costi. Qual è l’atto più umano? Evitare di umiliare”.

  2. miriam ha detto:

    Ciò che fa la differenza fra uno scrittore ed uno Scrittore è proprio questo: trasformare cose tutto sommato ordinarie in eventi straordinari. A tutti è capitato una volta nella vita un esame disastroso… Ma quanti sarebbero in grado di raccontarlo con questa poesia? Bravissimo Leonardo!

  3. anna ha detto:

    Che bella cosa, leggervi, Leonardo e Emanuele! Mi rende la giornata più bella, mi toglie dal torpore improduttivo di questi giorni, dove tutto è immobile e fuori dalla finestra è il delirio urlante di una società alla deriva. Certo che tu, Leonardo, hai avuto un atto di coraggio alla Zeman, affrontando la commissione esaminanda, ma sei stato un eroe, triste, solitario y… final! Sfidare la cattiveria gratuita, l’umiliazione irriverente dei potenti, è sempre un atto degno di rispetto. Grazie anche per questo messaggio.

  4. Francesco Russo ha detto:

    Caro Leonardo, hai descritto un titolare di cattedra di Istituzioni di Diritto Romano, come quello che ho avuto io a Napoli negli anni 60, costui, sorprendentemente, aveva un’assistente uguale a quella che ti aveva esaminato, con l’aggiunta di una gamba colpita da poliomelite. Una sorpresa ancora più grande è stata quella di scoprire che alla fine dell’esame (io dopo 9 mesi di studio presi18) usammo lo stesso trattamento al professore ed all’assistente e se ti può consolare, quando dopo molti anni un coraggioso Editore mi pubblicò un libro (non a pagamento) dovetti urtare contro la spocchia di una presunta classe di intellettuali che poi si mostrarono tutti autoreferenziati…in fatto di intelletto! Ma questa è la fine degli uomini liberi che, però, avranno sempre la forza di gridare agli altri la verità costi quel che costi. Mi chiedo: ma l’editore che ti aveva respinto -il Demonio se lo tenga stretto all’Inferno- aveva mai inteso parlare di acido lattico, ne conosceva l’ esistenza? Avevi allungato la mano per fartela stringere da un cretino e ti è andata bene per aver risparmiato la stretta; sai cosa diceva Pitigrilli? “Capisco il bacio al lebbroso, ma non ammetto la stretta di mano al cretino” Mi propongo come lebbroso per dirti che sei uno scrittore piacevolissimo, che si fa leggere con grande piacere e che conosce i segreti della sintassi e della grammatica (oggi sono talmente segreti che non li conosce neanche Saviano), un’ultima cosa: saprai senza dubbio che Vittorini disprezzò il Gattopardo impedendo a Mondadori di stamparlo. Ecco, termino con una battuta celeberrima di Peppino De Filippo rivolta a Totò: “Ho detto tutto!” La consolazione è che non potrai rispondermi come rispose Totò alla battuta del grande Peppino: tu dici sempre “ho detto tutto” e non dici mai niente.Augh! Affettuosamente e ad majora!

  5. miriam ravasio ha detto:

    OGNI NORMA E’ CASTA (di potere)
    Sulle spalle di un allenatore, il ventaglio dello sfondo è quasi spiegato: gli Spiriti stanno immobili, nell’iconografia di una Natura al limite della scena.
    Il campionario per serrande cieche, trattiene le energie dei plessi, al “galata” resta la resa impudica di uno sbuffo che allontana l’ibis protettore. Qui né coccodrilli, né serpenti “le cose vanno per come devono andare”

  6. miriam ravasio ha detto:

    Un saluto all’amico Francesco (forte la battuta su Saviano) 🙂
    E un saluto a tutti gli altri amici. Una tirata d’orecchie, invece, al Fiasca: con il paratesto mi stai complicando la vita e mannaggia a me e alle mie intenzioni criptiche; sei diventato troppo bravo…ed oggi è stato tutto un cercare fra Ibis, Botticelli, creatina ecc ecc ecc

  7. Carlo Capone ha detto:

    Il dialogo mi soddisfa, caratterizza bene il personaggio del prof trombone. Magari l’aggiunta di qualche tic o difetto grottesco non avrebbe guastato.
    Di questi dialoghi, che ispessiscano i personaggi e ne facilitino l’intimità col lettore, gradirei ce ne fossero di più. E’ un modo, secondo me efficace, per attenuare la figura dell’io che parla, a volte un po’ ipertrofica, e conferire maggiore equilibrio alla struttura narrativa. Spesso il lettore non vuol solo apprendere cosa fa e pensa, e magari patisce, il narrante in prima persona, ma anche sentirsi attratto da chi occupa ruoli secondari. Non a caso tra gli Oscar c’è anche il premio al migliore attore non protagonista. Sta all’abilità dello scrittore mettergli in bocca le giuste parole per modellarne il profilo.
    Come già spiegato al Fiasca in pvt.

    • Come sono belli questi commenti! C’è sempre una sfumatura, un consiglio, un suggerimento, una partecipazione vera e genuina. Emanuele, Miriam, l’altra Miriam, Anna, Carlo, Mimmo, Nando, Sonia, Sara, Francesco, Laura, Nemo, e tutti gli altri: all’indomani dell’ultimo capitolo so già che mi mancherete da morire.

  8. miriam ravasio ha detto:

    Carlo: da artista, io, alle regole compositive credo poco, anzi le evito con cura. Secondo me la scrittura di Volevo fare l’attaccante va bene così; l’Attaccante è un’onda che dopo ogni lunedì si ritrae per riprendere l’energia prima del prossimo approdo. Il “tentativo” è un modulo che propone (persone e fatti) e si ripropone alla nostra conoscenza (memoria, sensibilità, attenzione). Specchi paralleli, sistemati nel sistema editoriale che, riflettono l’emergente in contesti storici riconoscibili in un bacino comune di esperienze. Una trappola labirintica dove ogni settimana interviene un gesto diverso. Ciao :-)))

  9. Mimmo ha detto:

    La delusione della mamma e l’affermazione del babbo, riguardo la lettera dell’editore: “ora mangiamo, fottitene!” Salvo poi cercare di rompergli la sedia in testa mentre la mamma sviene, alla notizia dell’esame andato male. In questo quadro tutta il conformismo della famiglia borghese. In una famiglia operaia sarebbe andata così: ” Ah, vedi? Meglio che vai a lavorare… e c’è ne bisogno caro. Va a laurà barbun!” :))

  10. Andrea Sartori ha detto:

    Bellissimo questo capitolo! Fallisci, fallisci meglio… diceva Beckett, e quel “meglio” l’ho sempre trovato sublime.

    • Già caro Andrea, come contraddirti?

      P.S.ho dimenticato di citarti nel post precedente, ma è chiaro che tu sei una delle anime più belle, più intellettuali e più sensibili di questo blog. E diamine se mi mancherai! Siamo però a metà del viaggio, ora viene il bello per tutti coloro i quali hanno avuto la pazienza di seguirmi.

  11. Luca Valente ha detto:

    Mi sono aggrappato a questo capitolo con le unghie e con rabbia, Leonardo, mi hai fatto rivivere le maledette emozioni di un giorno di tanti anni fa. Mi capitò più o meno la stessa cosa (ma ero interrogato dal titolare della cattedra). Tornando a casa, in treno, col sangue che ribolliva e un macigno sul cuore, vissi l’ora più umiliante della mia vita. Il giorno dopo decisi di lasciare giurisprudenza. Rifeci l’esame, però, prima. Poi me ne andai.

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